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dott. Francesco Starita - Studio Starita
Riabilitazione Post Operatoria - Studio Starita
 

Lesione del tendine d'achille

Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.Il tendine di achille prende origine dalla fusione del muscolo gastrocnemio e soleo, e si inserisce a livello della apofisi calcaneare. E’ deputato alla spinta del piede. Gli sport che piu’ frequentemente determinano questa patologia, sono il calcio, il basket , la pallavolo, l’ atletica leggera. La rottura di questo tendine, non interessa solo l’ambito sportivo, ma viene evidenziata anche in soggetti anziani .Colpisce maggiormente i maschi in un eta’ compresa tra i 25 e i 50 anni.

Si possono distinguere in lesioni acute e lesioni degenerative. Possiamo quindi considerare:

-Rotture da traumi diretti (ferite da taglio, da punta…)

-Rotture traumatiche indirette (frequenti in sport quali sci, atletica…)

-Rotture spontanee (patologie degenerative o da traumi ripetuti anch’esse caratteristiche degli atleti). Nell’anziano, come gia’ accennato la rottura avviene quasi sempre su base degenerativa.

Sintomi: mentre nel trauma da lesione acuta il paziente riferisce di un evento traumatico con improvvisa sensazione di colpo o morso associati a dolore, nelle rotture croniche, invece, può essere presente una storia di algie e infortuni al tendine associati ad un evento traumatico di lieve entità con sintomatologia più sfumata rispetto al trauma acuto. Il paziente spesso riferisce un fastidio subdolo ma costante che si protraeva da tempo. Una volta rotto, nella zona del tendine si evidenzia una sorta di avvallamento e una mancanza di continuita’ del profilo tendineo, il movimento attivo di articolarita’ del piede e’ quantomeno ridotto e dolente , il paziente a volte pero’ riesce a camminare.

Diagnosi: di norma non è difficile, infatti alla palpazione diretta del tendine con piede in dorsiflessione a paziente prono, si mette in evidenza l’avvallamento determinato dalla rottura. Tuttavia l’edema, l’ecchimosi, e la poca collaborazione del paziente, non sempre aiutano nella diagnosi che può essere completata da un esame ecografico o uno studio RMN.

La flessione non sempre appare francamente alterata a causa della continuità di alcune fibre e della guaina e per l’aiuto dato da altre strutture muscolari quali il tibiale posteriore.

Utile può essere la manovra di Thompson: pinzamento e compressione del polpaccio con paziente prono e ginocchio flesso a 90° quando il tendine è intatto si dovrebbe evidenziare la dorsiflessione passiva del piede.

Le rotture parziali frequenti nelle lesioni da taglio nelle lesioni subcutanee, possono risultare misconosciute in quei casi (25%) di decorso mediale del tendine plantare

Raramente si associa un esame rx, esso andrebbe effettuato in caso di sospetta disinserzione del tendine dalla tuberosità calcaneare.

Terapia: il trattamento incruento per quanto possibile con un lungo periodo di ingessatura può esitare in rirotture, allungamenti del tendine, diminuzione della forza flessoria, impotenza funzionale.

Per tale motivo spesso si consiglia di intervenire chirurgicamente ed in tempi rapidi, ove non sia possibile, è consigliabile un’immediata immobilizzazione in stecca gessata e piede posto in flessione plantare. L’intervento di elezione è la tenoraffia, che può essere effettuata con varie tecniche. Nei casi di perdita di sostanza, possono essere associate a rinforzo con prelievo da altre strutture tendinee. Ultimamente si effettua (dove possibile), una sutura percutanea con accesso chirurgico minimo.

Il trattamento post-operatorio si distingue in una prima parte con stivaletto gessato o tutore tipo rom walken con piede in leggera flessione plantare per circa quattro settimane, e una seconda nella quale si comincera’ un trattamento fisioterapico di mobilizzazione passiva e attiva associata a ginnastica in acqua. Lo scopo e’ quello di ridare una continuita’ funzionalmente valida al tendine, senza procurare tenaci fenomeni di fibrosi riparativa che potrebbero compromettere un’adeguata elasticita’ articolare. La ripresa allo sport dipende dalla disciplina praticata, ma e’ consigliabile non prima dei 60 giorni.

E’ importante sottolineare che il grado di flessione nelle ingessature non dovrebbe mai essere forzato, ma dovrebbe essere quello in “equino gravitario”, ovvero la posizione di riposo che il piede assume quando il paziente è seduto con le gambe pendenti. Da distinguere:

Tendinopatia: dolore al tendine in seguito ad abuso o sovraccarico funzionale dell’articolazione

Tendinosi: processo degenerativo che coinvolge il tendine

Tendinite: infiammazione acuta che coinvolge il peritenonio ( membrana che avvolge il tendine).

 
 
   
Artoscopia -  Studio Starita Il legamento crociato anteriore (LCA) è un cordone fibroso del diametro di un centimetro teso dentro il ginocchio tra la tibia ed il femore. 
La lesione del  legamento crociato anteriore può avvenire per bruschi movimenti di torsione sull’arto inferiore o per trauma dall’esterno.

La diagnosi di rottura è possibile con manovre cliniche e dev’essere sospettata se, dopo un trauma anche banale, il ginocchio si gonfia in breve tempo.  La lassità di un ginocchio con LCA rotto si avverte soprattutto nelle attività di torsione con cedimenti seguiti da gonfiore e senso di insicurezza.  La ripetizione dei cedimenti può provocare altre lesioni legamentose (la lassità aumenta) e/o lesioni meniscali (blocchi) e/o cartilaginee (dolore e versamento).

Tale lassità legamentosa può essere affrontata chirurgicamente appena può essere gestita senza intervento evitando le attività sportive che comportano torsioni al ginocchio in sport come il calcio, il basket, la pallavolo, lo sci, il tennis.

Il semplice rinforzo muscolare in palestra può aiutare a convivere con la lassità praticando sport come la bicicletta e il nuoto.

La cura chirurgica dell’insufficienza dell’LCA consiste nella sua ricostruzione con un innesto (trapianto) prelevato dallo stesso ginocchio o dal controlaterale.

L’innesto consente di sostituire il legamento mancante. Come innesto, si può prelevare il tendine rotuleo oppure i tendini che stanno sulla faccia mediale della coscia e del ginocchio (semitendinoso e gracile).

  • Trapianto con tendine rotuleo: attraverso un’incisione anteriore di circa 8 cm si preleva il terzo centrale del tendine rotuleo (diametro 10 mm) con due cilindri di osso della rotula e della tibia (10 mm x 20 mm) alle estremità.

L’impianto dell’innesto nell’articolazione viene preparato sotto controllo artroscopico. Vengono poi trattate le eventuali lesioni meniscali (sutura o regolarizzazione) e/o cartilaginee (pulizia). Per inserire il nuovo legamento si fresano due tunnel ,del diametro corrispondente all’innesto, sulla tibia e sul femore (10 mm).

L’innesto viene dunque spinto all’interno del ginocchio in modo che le estremità penetrino nei tunnel del femore e della tibia e il tendine sostituisca così il legamento. Viene fissato al femore e alla tibia con viti metalliche o in altro materiale dopo aver cercato la tensione ottimale. La ricostruzione è considerata conclusa solo se è stato provato che l’estensione e la flessione del ginocchio siano complete e la stabilità ottima.

  • Trapianto con semitendinoso/gracile: il prelievo richiede un’icisione più piccola poco sotto il ginocchio
    Anche i tunnel ricavati sulla tibia e sul femore sono sensibilmente ridotti (8/9 mm).

Il decorso è equivalente a quello del tendine rotuleo ma l’abbandono della ginocchiera e la ripresa dell’attività agonistica sono ritardati rispettivamente di 10 gg e 2 mesi.

  • Periodo post operatorio. Il ginocchio viene immobilizzato in estensione completa con la prescritta ginocchiera, già qualche ora più tardi è necessario muovere attivamente il piede.

Il giorno dopo inizia il movimento passivo in flessione da eseguire più volte al giorno. Per facilitare il recupero dell’estensione durante la posizione supina si colloca uno spessore sotto il calcagno e si abbandona l’arto in completa iperestensione, oppure in posizione prona si lascia l’arto dal ginocchio in giù  fuori dal letto sfruttando il suo peso per estenderlo.

L’arto può rimanere libero sul letto nei periodi di riposo con la borsa del ghiaccio per non più di 20 minuti. 
La ginocchiera viene indossata per la notte (pericolo di movimenti involontari) e per camminare. 
Il carico sull’arto operato con stampelle e ginocchiera inizia il giorno dopo l’intervento salvo complicazioni e va eseguito con ginocchio in completa estensione contraendo attivamente la muscolatura della coscia e poggiando su tutta la pianta del piede il peso del corpo nella misura in cui questo è tollerato.

Non bisogna stare fermi nella stessa posizione, in piedi o seduti, per molto tempo in modo da limitare il gonfiore. 
La rieducazione presso il centro fisioterapico inizia subito dopo la dimissione. L’articolazione ha bisogno di funzionare per vivere bene sono necessari movimenti, carico e gioco muscolare normali) e anche il trapianto deve essere giustamente stimolato per completare la sua maturazione che dura circa 6 mesi.

Le stampelle andrebbero di norma abbandonate dopo 1-2 settimane e la ginocchiera quando la muscolatura controlla bene il movimento (circa 2-4 settimane).

Dopo 2-3 mesi si può correre, nuotare e andare in bicicletta. Il programma di rinforzo muscolare deve riportare la forza nell’arto operato molto vicina a quella dell’arto sano nel giro di 4 mesi. Al 4°/5° mese si possono iniziare gli allenamenti (se calcio anche con la palla ma da soli non in squadra) e con gradualità anche movimenti di torsione tipo la corsa su terreno accidentato.

La completa ripresa dell’attività agonistica è concessa alla fine del 6° mese dopo trapianto con tendine rotuleo, alla fine dell’8° mese con semitendineo/gracile.